Читать «Сибирское воспитание» онлайн - страница 231

Николай Лилин

Mi sono svegliato pochi minuti dopo. Ero sdraiato a terra, circondato da soldati. C’era anche il Sergente che mi doveva accompagnare, era preoccupato, girava lì intorno dicendo a tutti con tono da complotto:

— Non è successo niente, è tutto a posto, mi raccomando, nessuno ha visto niente, di lui mi occuperò io.

Era evidente che aveva paura di essere punito per la sua leggerezza.

Si è avvicinato e mi ha dato un calcio dritto sulle costole.

— Fallo ancora, bastardo, e ti ammazzo personalmente!

Mi ha scaricato ancora un paio di calci, poi mi ha teso la mano e mi ha aiutato ad alzarmi in piedi. Mi ha accompagnato in una specie di casa con le sbarre alle finestre e la porta blindata. Somigliava proprio a un carcere.

Siamo entrati, c’era poca luce e tutto sembrava sporco e grigio, non curato, abbandonato. C’era un corridoio piccolo e stretto, con tre porte blindate. Al fondo del corridoio è apparso un soldato, uno che poteva avere vent’anni, un po’ magro ma con la faccia buona. Teneva tra le mani un grosso mazzo di chiavi di diverse misure e lo muoveva in continuazione facendo un rumore strano, che in quella situazione mi ha fatto quasi piangere dalla tristezza e dalla disperazione. Con una di quelle chiavi il soldato ventenne ha aperto una porta, e il Sergente mi ha fatto entrare in una stanza molto piccola e stretta, con una finestrella con le sbarre. C’era una branda di legno attaccata al muro.

Guardavo quel posto e non riuscivo a crederci. Cosi, semplicemente, da un momento all’altro, ero finito in una cella.

11 Sergente, con un tono molto autoritario, ha detto al soldato che doveva essere una specie di guardia:

— Dagli da mangiare per cena come a tutti gli altri, e fai attenzione: è uno violento… Non accompagnarlo in bagno da solo, sveglia il tuo compagno e andate insieme, è pericoloso, ha aggredito la guardia al cancello, voleva rubargli il mitra…

Il soldato con le chiavi mi guardava tutto impaurito: era chiaro che non vedeva l’ora di chiudermi dentro a chiave.

Il Sergente mi ha fissato in faccia e ha detto:

— Stai qui e aspetta!

Anch’io lo fissavo dritto negli occhi, senza nascondere il mio odio.

— Che cazzo devo aspettare, cosa significa tutto questo?

— Aspetta la fine del mondo, pezzo di merda! Se ti dico di aspettare, aspetta e non fare domande. Qui lo decido io cosa devi aspettare!

Detto questo, il Sergente ha fatto cenno al soldato di chiudere la porta ed è andato via con aria trionfale.

Prima di chiudermi dentro, il soldato si è avvicinato e mi ha fatto una domanda:

— Come ti chiami, ragazzo?

La sua voce sembrava tranquilla e non cattiva.

— Nicolai, — ho risposto io piano.

— Stai tranquillo, Nicolai, qui sei più al sicuro che con loro… Riposati, che tra un paio di giorni ti accompagneranno al treno che ti porta in Russia, nella brigata a cui sei destinato… Ti hanno già detto dove ti mandano?

— Il Colonnello ha detto che mi mandano nei sabotatori… — ho risposto con la voce sfinita.