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Карло Гольдони

Scena quindicesima

Mirandolina con la biancheria, e detto.

MIRANDOLINA: Permette, Signore? (Entrando con qualche soggezione.)

CAVALIERE: Che cosa vuole? (Con asprezza.)

MIRANDOLINA: Ecco qui della biancheria migliore (S’avanza un poco.)

CAVALIERE: Bene. La metti lì. (Accenna il tavolino.)

MIRANDOLINA: Guardi almeno.

CAVALIERE: Che roba è?

MIRANDOLINA: Le lenzuola son di tela. (S’avanza ancor più.)

CAVALIERE: Tela?

MIRANDOLINA: Sì signore. Guardi.

CAVALIERE: Non pretendo tanto. Mi basta qualche cosa meglio di quel che mi ha dato.

MIRANDOLINA: Questa biancheria l’ho fatta per personaggi di merito: per quelli che la sanno conoscere; e in verità, Signore, la dò per lei, ad un altro non la darò.

CAVALIERE: Per lei! Solito complimento.

MIRANDOLINA: Guardi il servizio di tavola.

CAVALIERE: Oh! Queste tele di Fiandra, quando si lavano, perdono molto. Non c’è bisogno di darle a me.

MIRANDOLINA: Per un Cavaliere della sua qualità, non guardo a queste piccole cose. Di queste salviette ne ho molte.

CAVALIERE: (Pero non posso negare, che questa non è una donna gentile). (Da sé.)

MIRANDOLINA: (Veramente ha una faccia berbera, è chiaro che le donne non gli piacciono). (Da sé.)

CAVALIERE: Dà la mia biancheria al mio cameriere, o la metta lì, in qualche luogo. Non c’è bisogno di fare tutto da sola.

MIRANDOLINA: Oh, io non mi stanco mai, quando servo Cavaliere di così alto merito.

CAVALIERE: Bene, bene. (Donne! Tutte così). (Da sé.)

MIRANDOLINA: La metterò di là.

CAVALIERE: Sì, dove vuole. (Con serietà.)

MIRANDOLINA: (Oh! Quanto è duro. Ho paura di non far niente). (Da sé.)

CAVALIERE: (I pazzi sentono queste belle parole, credono alle donne che le dicono, e cascano). (Da sè.)

MIRANDOLINA: A pranzo, che cosa comanda? (Ritornando senza la biancheria.)

CAVALIERE: Mangerò quello che ci sarà.

MIRANDOLINA: Voglio sapere il suo gusto. Se Le piace una cosa più dell’altra, lo può dire con libertà.

CAVALIERE: Se vorrò qualche cosa, lo dirò al cameriere.

MIRANDOLINA: Ma in queste cose gli uomini non hanno l’attenzione e la pazienza che abbiamo noi donne. Se le piace qualche salsetta, lo dica a me.

CAVALIERE: La ringrazio: ma neanche per questo verso Lei riuscirà a far con me quello che ha fatto con il Conte e con il Marchese.

MIRANDOLINA: Che dice della debolezza di quei due cavalieri? Vengono alla locanda per alloggiare, e pretendono poi di voler fare all’amore con la locandiera. Abbiamo altro in testa noi. Cerchiamo di fare il nostro interesse; se diamo loro delle buone parole, lo facciamo per tenerli a bottega; e poi, io, quando vedo che mi corteggiano, rido come una pazza.

CAVALIERE: Brava! Mi piace la Sua sincerità.

MIRANDOLINA: Oh! non ho altro di buono, che la sincerità.

CAVALIERE: Ma però, con quelli che La corteggiano, sa fingere.

MIRANDOLINA: Io fingere? Guardimi il cielo. Domandi un po’ a quei due signori che sono innamorati di me, se ho mai dato loro un segno d’affetto. Se ho mai scherzato con loro in maniera frivola. Non li caccio via, perché il mio interesse non lo vuole, ma poco meno. Questi uomini non li posso vedere. Non mi piacciono neanche le donne che corrono dietro agli uomini. Vede? Io non sono una ragazza. Ho qualche annetto; non sono bella, ma ho avuto delle buone occasioni; eppure non ho mai voluto sposarmi, perché amo infinitamente la mia libertà.