Читать «Божественная комедия / Divina commedia» онлайн - страница 8

Анелия Ивановна Каминская

possente – сильный, мощный

prato m — луг

proda f — берег

quietare – успокаивать

rado – редкий

ragionare – рассуждать

riposato – отдохнувший, спокойный

riscuotere – сильно трясти, встряхнуть

satiro m — сатир

savio – благоразумный, мудрец

scemare – уменьшать

schiera f — ряд, шеренга

sembiante – похожий, подобный

sembianza – образ, подобие

senno – разум, рассудок

sire – господин, государь

smorto – бледный

soave – нежный, сладостный

sospingere – толкать

sovrano – возвышающийся

spada f — шпага

speme f — надежда

spesso – густой, часто

suolo – земля, почва

tremare – дрожать, трепетать

ubidente – послушный, покорный

viro m — муж, мужчина

Canto V

Così discesi del cerchio primaio

giù nel secondo, che men loco cinghia

e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:

essamina le colpe ne l’intrata;

giudica e manda secondo ch’avvinghia.

Dico che quando l’anima mal nata

li vien dinanzi, tutta si confessa;

e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d’inferno è da essa;

cignesi con la coda tante volte

quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:

vanno a vicenda ciascuna al giudizio,

dicono e odono e poi son giù volte.

“O tu che vieni al doloroso ospizio”,

disse Minòs a me quando mi vide,

lasciando l’atto di cotanto offizio,

“guarda com’ entri e di cui tu ti fide;

non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!”.

E ‘l duca mio a lui: “Perché pur gride?

Non impedir lo suo fatale andare:

vuolsi così colà dove si puote

ciò che si vuole, e più non dimandare”.

Or incomincian le dolenti note

a farmisi sentire; or son venuto

là dove molto pianto mi percuote.

Io venni in loco d’ogne luce muto,

che mugghia come fa mar per tempesta,

se da contrari venti è combattuto.

La bufera infernal, che mai non resta,

mena li spirti con la sua rapina;

voltando e percotendo li molesta.

Quando giungon davanti a la ruina,

quivi le strida, il compianto, il lamento;

bestemmian quivi la virtù divina.

Intesi ch’a così fatto tormento

enno dannati i peccator carnali,

che la ragion sommettono al talento.

E come li stornei ne portan l’ali

nel freddo tempo, a schiera larga e piena,

così quel fiato li spiriti mali

di qua, di là, di giù, di sù li mena;

nulla speranza li conforta mai,

non che di posa, ma di minor pena.

E come i gru van cantando lor lai,

faccendo in aere di sé lunga riga,

così vid’ io venir, traendo guai,

ombre portate da la detta briga;

per ch’i’ dissi: “Maestro, chi son quelle

genti che l’aura nera sì gastiga?”.

“La prima di color di cui novelle

tu vuo’ saper”, mi disse quelli allotta,

“fu imperadrice di molte favelle.

A vizio di lussuria fu sì rotta,

che libito fé licito in sua legge,

per tòrre il biasmo in che era condotta.

Ell’ è Semiramìs, di cui si legge

che succedette a Nino e fu sua sposa:

tenne la terra che ‘l Soldan corregge.

L’altra è colei che s’ancise amorosa,

e ruppe fede al cener di Sicheo;

poi è Cleopatràs lussurïosa.

Elena vedi, per cui tanto reo

tempo si volse, e vedi ‘l grande Achille,

che con amore al fine combatteo.