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Chuck Palahniuk

Io gli dico che avrebbe dovuto parlarne a Maria. Ora lei crede che sia stato io.

«Saponificazione» dice Tyler, «и la reazione chimica necessaria a fare sapone buono. Il grasso di pollo non funziona come non va bene nessun grasso con troppo sale.

«Ascolta» dice Tyler. «Abbiamo da far fronte a una grossa ordinazione. Manderemo alla mamma di Maria della cioccolata e magari qualche crostata.»

Io credo che non funzionerа piщ.

Per farla breve, Maria ha guardato nel congelatore. D'accordo, all'inizio c'и stata una piccola zuffa. Io cerco di fermarla e il sacchetto le sfugge di mano e si apre sul linoleum e noi scivoliamo tutti e due in quel pasticcio bianco e scivoloso e ci rialziamo in preda ai rigurgiti. Cinturo Maria intorno alla vita da dietro, le blocco le braccia contro i fianchi, i suoi capelli mi sferzano la faccia, mentre io le dico e ripeto che non sono stato io, non sono stato io.

Non l'ho fatto io.

«Mia madre! La stai versando dappertutto!»

Avevamo bisogno di fare del sapone, le spiego con la bocca schiacciata contro l'orecchio. Avevamo bisogno di lavare i miei calzoni, pagare l'affitto, riparare la perdita nel tubo del gas. Non sono stato io.

И stato Tyler.

Maria strilla: «Che cavolo stai dicendo!» e sguscia dalla sottana. Io arranco per risollevarmi dal pavimento unto con in mano una matassa di cotone indiano stampato e Maria, in slip e con i tacchi a zeppa sotto i piedi e la camicetta da campagnola apre lo sportello del congelatore e dentro non ci sono provviste di collagene.

Ci sono due vecchie batterie da torcia, ma nient'altro.

«Dov'и?»

Io sto giа strisciando all'indietro, con le mani che mi scivolano sul pavimento, le scarpe che scivolano sul linoleum, e il culo che ne ripulisce una striscia allontanandosi da Maria e dal frigo. Tengo in alto la gonna cosм non devo vedere Maria mentre glielo dico.

La veritа.

Ne abbiamo fatto sapone. Di lei. Della mamma di Maria.

«Sapone?»

Sapone. Si fa bollire il grasso. Si mescola con la lisciva. Si ottiene sapone.

Quando Maria strilla, le lancio la sottana in faccia e scappo. Scivolo. Scappo.

In giro per tutto il pianterreno Maria mi insegue, slittando intorno agli angoli, catapultandosi dagli infissi. Scivolando.

Lasciando ripugnanti marchi di grasso e sudiciume di pavimento in forma di mani tra i fiori della tappezzeria. Cadendo e andando a sbattere contro gli zoccoli, rialzandosi, correndo.

Maria strilla: «Hai bollito mia madre!».

Tyler ha bollito sua madre.

Maria strilla, sempre a un tiro di unghie dietro di me.

Tyler ha bollito sua madre.

«Hai bollito mia madre!»

La porta d'ingresso era ancora aperta.

Cosм mi sono trovato fuori mentre Maria mi strillava dietro dalla soglia. I piedi non scivolavano piщ sul marciapiede di cemento e ho continuato a correre. Finchй ho trovato Tyler o finchй Tyler ha trovato me e gli ho raccontato cos'era successo.

Con una birra a testa, io e Tyler ci siamo distesi sui sedili, io su quello davanti. Ancora adesso Maria probabilmente и in casa a scagliare le riviste contro i muri e a strillare che sono un farabutto e un mostro, un capitalista biforcuto, un bastardo ciucciaculi. Le miglia di notte tra me e Maria offrono insetti e melanomi e virus carnivori. Dove mi trovo non и malaccio.